Liberate Djalali! La lettera dei Rettori all'Iran

L'Università del Piemonte Orientale è in profonda apprensione per il destino del ricercatore iraniano Ahmadreza Djalali. Come anticipato dall'agenzia Reuters e testimoniato dalla moglie del ricercatore Vida Mehrannia — incarcerato dall'aprile del 2016 con l'accusa di spionaggio —, a fine ottobre Djalali è stato condannato alla pena capitale in Iran.

La comunità scientifica internazionale e le istituzioni politiche italiane ed europee stanno tentando ogni percorribile via diplomatica per cercare di scongiurare la morte di Djalali. Il rettore dell'Università del Piemonte Orientale Cesare Emanuel, il rettore del Karolinska Institutet di Stoccoloma — dove Djalali lavorava grazie a un contratto di docenza — Ole Petter Otterse e il rettore della Libera Università di Bruxelles Caroline Pauwels, hanno firmato una lettera congiunta (leggi qui la lettera) consegnata all'Ayatollah Sedagh Larijani, a capo della magistratura iraniana, per chiedere l'immediata liberazione di Ahmadreza. 

«Riteniamo — si legge nel documento congiunto recapitato alle autorità iraniane — che sia fondamentale che le comunità scientifiche e mediche internazionali e le loro istituzioni accademiche difendano le libertà fondamentali della ricerca; nello specifico quelle del Dr. Djalali, condannato a morte per apparente ritorsione per la collaborazione scientifica internazionale nel suo campo di studio. Ciò è fondamentale per preservare i diritti e le libertà delle future generazioni di ricercatori e operatori umanitari in Iran e nel mondo

«Tutti i cittadini — scrivono i Rettori in conclusione  del loro appello — hanno diritto a un giusto processo e a un trattamento equo e nessun cittadino deve essere sottoposto alla pena di morte. Essa è un atto di violenza che crea ulteriore violenza ed è in conflitto con la dignità umana, i diritti umani e tutti i valori che le nostre università difendono

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